Si è svolto ieri, nel salone di rappresentanza del Palazzo Municipale di Caltagirone, il seminario di studi "Sviluppo locale e bene comune". Simposio promosso da Progetto Policoro ed Ufficio Diocesano per i problemi sociali ed il Lavoro con la collaborazione di Acli, Agenzia di Sviluppo Integrato, Anfe, Centro per l'Impiego, Cgil, Cia, Cisl, Coldiretti, Confartigianato, Sol. Calatino.
L'evento vuole essere anche la prima occasione pubblica per presentare, nel Calatino, il Tavolo diocesano permanente - costituito dai soggetti promotori dell'evento - che ha come obiettivo specifico la creazione di un sistema sinergico di lavoro "a rete" sul territorio. Porgendo il saluto dell'Amministrazione, il sindaco Francesco Pignataro ha messo in risalto la necessità di operare per lo sviluppo, partendo dal basso. Sono le idee ha detto che consentono una seria progettualità senza la quale non si raggiunge il bene comune. Quindi la professoressa Rita Palidda, dell'Università di Catania, ha svolto la sua relazione su "sviluppo e mercato del lavoro" con un appello ai giovani, invitandoli a non essere pessimisti.
Il prof. Don Antonio Parisi, docente alla facoltà Teologica di Sicilia, ha approfondito il tema: "Il bene comune", puntando sulla dottrina sociale della Chiesa, «principio cardine» che pone l'uomo al centro di ogni rapporto di attività sociale.
Interessanti anche le testimonianze di alcuni imprenditori siciliani. Ha concluso i lavori mons. Vincenzo Manzella, vescovo di Caltagirone e delegato della Conferenza Episcopale Sicilia per i problemi sociali e il lavoro.
«Sviluppo e bene comune possono incontrarsi in ogni autentica istanza di prossimità - ha detto il vescovo - di reciprocità, sussidiarietà, in particolare in ambito locale. In quest'opera è indispensabile richiamarsi alla legalità, come principio giuridico e come regola di convivenza ordinata. L'impegno della Chiesa si rivolge all'educazione delle coscienze ed al senso della responsabilità sociale. Nelle nostre parrocchie, nei nostri gruppi, nelle nostre associazioni ci si rieduchi al bene comune, non come moralismo, ma come valore etico e sociale».
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