Uno degli argomenti più dibattuti è quello legato alla connessione tra sostenibilità e innovazione, che oggi gioca un ruolo molto importante anche nel governare gli equilibri e le connessioni tra uomo e ambiente. Il discorso è tutt'altro che semplice, ma affrontarlo è diventato ormai indispensabile. Nel prossimo incontro con il laboratorio L'HUB dell'Economia civile si parlerà proprio di questo binomio e lo faremo insieme a degli speaker che oltre a introdurre gli argomenti e a porre le domande, faranno da facilitatori per accompagnare i ragazzi. Uno di questi sarà il professore dell'Università degli studi di Catania Davide Arcidiacono, esperto in sociologia dei processi economici e del lavoro, che in questa intervista ci offre un assaggio di quanto affronteremo.
Si parla tanto di sostenibilità e innovazione, anzi una combinazione molto ricorrente è innovazione sostenibile. Qual è il vero valore da dare a questi termini?
«Il tema dell’innovazione congiunto a quello della sostenibilità è un binomio abbastanza recente, sviluppatosi in relazione a nuove concezioni dell’innovazione come quella di innovazione sociale, di transizione ecologica o in relazione ai processi di trasformazione digitale. Un esempio è il dibattito sulla smart city, che ha incorporato la questione della sostenibilità ambientale nel dibattito dell’evoluzione tecnologica. Oggi l’innovazione per essere tale non può essere soltanto un mero progresso tecnico e credere al determinismo tecnologico, ma deve essere umana e inclusiva».
Come può – e se può - secondo lei una comunità divenire realmente sostenibile?
«Per diventare realmente sostenibili bisogna uscire dal grande rischio dell’essere solo retorici e di ricorrere al tema sostenibilità per strategia di mero greenwashing ovvero riproposizione in chiave green di business e modelli di creazione del valore squilibrati e insostenibili. Una comunità che vuole essere realmente sostenibile deve avere il coraggio di ripensare il suo modello economico e culturale. È importante capire cosa e quanto consumiamo, di cosa abbiamo realmente bisogno e perché; questi sono i presupposti basilari per una vera rivoluzione verde».
In che modo sostenibilità umana e ambientale sono connesse?
«Il tema è cruciale, ma siamo ancora lontani dall’aver trovato una soluzione in quanto le due realtà dovrebbero essere concilianti ma non lo sono. Un esempio è la mobilità: oggi ci sono gli incentivi per le auto elettriche o si mettono le congestion charge per diminuire la congestione nei centri urbani. Si tratta di misure parziali in quanto non considerano chi un auto non può permettersela, figuriamoci se elettrica, o coloro per cui l’accesso alla città viene compromesso in qualche modo dalla tassa, soprattutto se vivono in aree periferiche e non hanno a disposizione un buon servizio di trasporto pubblico alternativo all’auto privata. A questo va aggiunto il problema delle catene globali del valore: la sostenibilità umana e ambientale non si può misurare solo a casa nostra. Un esempio? La crescita delle macchine elettriche e dunque della richiesta di batterie, sta portando allo sfruttamento delle miniere di litio e cobalto in America Latina o in Congo, riproponendo logiche neocoloniali che scaricano sul Sud del mondo il costo della nostra sostenibilità. La politica della sostenibilità senza un’adeguata attenzione agli aspetti umani e sociali rischia di diventare una nuova narrazione del cosiddetto Capitalocene, mentre bisogna ripensare l’innovazione come inclusiva, parlando anche di diritto universale alla sostenibilità».