Quando in una fredda giornata di dicembre Marco, Palma e Miriam bussarono alle porte del Consorzio Sol.Co. con in mano documenti e relazioni motivazionali, non sapevano probabilmente che da lì a poco la loro vita sarebbe in qualche modo cambiata. Fare Servizio Civile, perché no? Perché un giovane dai 18 ai 28 anni decide di intraprendere un percorso certamente formativo, ma non obbligatorio?
Tante, tantissime le motivazioni: aiutare il Prossimo, formare la propria coscienza civile, sentirsi “utile” ed essere cittadini attivi. Tutte ragioni che certamente incarnano l’essenza del Servizio Civile e del valore che questa esperienza rappresenta per la nostra Rete. Un’esperienza iniziata dal Consorzio Sol.Co. fin dall’obiezione di coscienza e costruita per accompagnare i giovani - quelli contestati, quelli sommersi nel limbo delle loro scelte, quelli disorientati in un Paese che non lascia spazio a creatività e talento - verso una visione diversa della società dove innamorarsi non soltanto della cooperazione sociale ma del Prossimo.
Essere in movimento, guardare il “mondo” con occhi nuovi e avere “fame” di conoscenza. Che sia il voler approfondire la riforma del Terzo Settore o conoscere le best practice di accoglienza e integrazione, questo deve, o dovrebbe essere, il filo rosso dei 12 mesi vissuti dai volontari di Servizio Civile. Perché se solidarietà, cittadinanza attiva, Prossimità sono valori che si costruiscono e sviluppano grazie agli operatori, cooperatori e imprenditori sociali incontrati lungo questa esperienza, ciò che potrebbe fare la differenza, in termini di crescita professionale e personale, è la “curiosità” di ciascuno. Curiosità che diventa “unicità”, cioè tassello fondamentale di un sistema che può cambiare prima di tutto con il protagonismo dei giovani.
Da sempre la Rete Sol.Co. elabora e progetta percorsi di Servizio Civile per insegnare ai volontari cos’è la cooperazione sociale e poiché li riteniamo protagonisti del nostro impegno vogliamo “dare voce” a Marco, Palma e Miriam, che lo scorso febbraio hanno concluso la loro esperienza di Servizio Civile.
3 “ex” volontari del progetto Città Amata 2
Marco Biagio Costanzo: Quando a dicembre del 2017 ho sostenuto il colloquio per entrare a far parte del team dei nuovi volontari di Servizio Civile, avevo sicuramente delle aspettative, ma niente di paragonabile a ciò ho vissuto realmente. Fare Servizio Civile, perché no? Mi chiedevo. Era appetibile l’idea di intraprendere un percorso lavorativo, seppur a tempo determinato, per me che ero fresco di laurea magistrale in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni e con alle spalle intere giornate trascorse a cercare occupazione. Ma la grande sorpresa è stata che i 12 mesi di Servizio Civile sono stati un tripudio di emozioni. Un modo non soltanto per imparare, contaminarmi con una realtà, quella della cooperazione sociale, per me del tutto nuova, ma soprattutto per conoscermi, capire i miei limiti, lavorare sulle mie “fragilità” e interfacciarmi con professionisti del settore.
È stato un percorso stimolante, ho imparato a conoscere il funzionamento del complesso mondo del Terzo Settore, a lavorare per scadenze e fare gioco di squadra. Ripercorrendo le tappe di questo percorso posso dire certamente che sono cambiato, non sono più quel giovane neolaureato, che con uno zaienetto in spalle, pieno di insicurezza e timidezza, bussa alle porte di un mondo nuovo. Sono cresciuto, ho ricevuto stimoli, ma soprattutto mi è stata data fiducia.
Qualcuno ha creduto nelle mie capacità e tra i momenti che ricorderò maggiormente, c’è sicuramente l’esperienza di Biennale della Cittadinanza Attiva. Qui sono stato inserito all’interno della segreteria organizzativa, interfacciandomi e comunicando con le organizzazioni, offrendo il mio contributo alla costruzione del programma e dell’evento e sviluppando capacità di problem solving.
Ho citato una parola per me importante “fiducia”, la stessa che mi è stata data anche dopo la fine del Servizio Civile e che mi ha permesso di iniziare una nuova esperienza di formazione per Fondazione Ebbene. Credo che sia fondamentale per ogni giovane incontrare dei “maestri” pronti a darti fiducia, credere nel tuo talento e accompagnarti a scavare tra le tue potenzialità. Sì, il Servio Civile è davvero l’esperienza che ti cambia la vita.
Palma Fiorentino: Dalla Campania in Sicilia, guardando il mondo con gli stessi occhi, pieni di voglia di fare e amore per il Prossimo ma soprattutto per i bambini. Comincia da qui, da una motivazione prima di tutto personale, la mia scelta fare Servizio Civile. È stato un anno entusiasmante e ricco di esperienze, che ha sottolineato ancora di più la voglia di studiare e crescere per realizzare il mio grande sogno: diventare un operatore sociale. Perché quando restituisci la speranza di un futuro possibile a bambini spesso bombardati da parole come precarietà, degrado, criminalità, non si può non amare questo lavoro. Quando doni “respiro” a un genitore che vive e affronta, spesso in solitudine, la disabilità del proprio figlio, non puoi non aver voglia di fare di più e dedicarti con tutta te stessa a questa professione.
E il Servizio Civile è stato un’opportunità unica, mi ha permesso di entrare in contatto con una realtà, quella della cooperazione sociale, che ho sempre amato e di cui ho sempre voluto farne parte. Mi ha dato il coraggio di credere in me stessa e la straordinaria forza di crescere sia professionalmente che personalmente. Sono cresciuta ogni volta che ho incrociato gli occhi di un ragazzo del quartiere, che ha vissuto tra difficoltà e sogni strappati, ma pronto a ricominciare e imparare che c’è sempre un’alternativa indipendentemente dal luogo in cui vivi; sono cresciuta grazie al sorriso di una bambina, che sprizzava gioia dopo aver letto le sue prime parole; sono cresciuta grazie alla fiducia dei genitori che mi ringraziavano per il lavoro svolto con i figli e io leggevo i loro sguardi, pieni di voglia di donare agli stessi figli un futuro migliore.
La straordinaria unicità del Servizio Civile è questa: dà la possibilità di mettere davvero “le mani in pasta” e fare esperienza, ciò che speravo sin dal primo giorno. Con grande orgoglio sto continuando questo percorso ricoprendo il ruolo di educatore per la cooperativa sociale Team e operatore del Centro di Prossimità Mosaico.
Miriam Ventura: Vent’anni, tanti sogni e una certezza che nutro da prima che iniziasse la mia esperienza di Servizio Civile: diventare psicologa o analista per ascoltare e aiutare gli altri. Un percorso che mi ha aiutato ad essere ancora più consapevole di ciò che voglio fare “da grande”. Voglio fare esattamente questo, sostenere le persone più fragili e gli “ultimi” per contrastare fenomeni di emarginazione e sofferenza. Questa mia “passione” non sarebbe stata alimentata se non avessi intrapreso l’esperienza di Servizio Civile e che mi ha portata a cominciare da quest’anno l’università, scegliendo appunto la facoltà di Scienze Politiche e Sociali, con indirizzo Servizio Sociale.
Non c’è stato un singolo momento più bello, ma una serie di emozioni provate giorno dopo giorno che ricorderò sempre: gli abbracci dei bambini, le loro letterine scritte con amore, i ti voglio bene ricevuti e quei ringraziamenti puri e spontanei. E quella frase impressa nella mia mente quando un bambino mi ha detto: “Miriam ho detto a scuola che ho la maestra di doposcuola più brava del mondo”.
Ricorderò sempre il primo bambino, che senza saperlo è riuscito a darmi enormi soddisfazioni e non parlo di soddisfazioni scolastiche ma quelle personali che ti riempiono il cuore, che ti fanno capire che quello che fai non è inutile ma arriva altri. E se poi “gli altri” sono proprio loro, i bambini, la gioia è ancora più forte. Ricorderò il Polo Educativo di Villa Fazio di Librino e i bambini che ogni giorno corrono, studiano, imparano che un’alternativa c’è sempre. Che il luogo da cui provieni non può e non deve condizionare le nostre scelte.
Prima di iniziare il Servizio Civile pensavo che sarebbe stata solo una “piccola esperienza lavorativa”, ma è stata molto di più: è stata un’esperienza di vita. Sono cresciuta, ho acquisito fiducia in me stessa e mi sono sentita parte di un “sistema” che può cambiare agendo prima di tutto in prima persona. E tutta la stanchezza mentale e fisica spariva di colpo perché ero felice. Ero soddisfatta perché facevo esattamente ciò che volevo fare: aiutare gli altri.