Nell’atrio dell’Aula Magna, che ha già fatto da sfondo alle scorse edizioni della rassegna, sono state allestite le “piazze” in cui si sono svolti gli eventi che hanno animato le due giornate. Spazi ideali disegnati nel segno della memoria di 36 personaggi del mondo della cultura, dell’economia e della scienza.Uomini e donne che hanno contribuito con la loro attività a rendere più solidale la società e più sostenibile il pianeta. Alcuni noti, altri meno noti. Ma tutti affiancati da un QR Code attraverso il quale i visitatori hanno avuto modo di conoscere le loro storie.
I NUMERI
L’edizione 2016 del Salone rappresenta un piccolo punto di svolta nella storia della manifestazione. Con circa 5000 presenze registrate nel corso delle due giornate, 143 organizzazioni coinvolte (il 30% in più rispetto l’anno scorso), oltre 60 eventi e 250 relatori quella del 2016 è stata sinora l’edizione più ricca, e non solo in termini numerici.
A dichiararlo è Rossella Sobrero, del comitato promotore del Salone: «La varietà dei temi trattati, la qualità degli interventi e la grandissima partecipazione registrata rappresentano un incentivo per continuare a migliorarsi. L’edizione dell’anno prossimo sarà una sfida importante per riuscire a fare ancora meglio». E rispetto all’incremento dei visitatori, aggiunge che nei prossimi giorni «verrà fatta un’analisi più precisa per cercare di capire anche che tipo di figure professionali hanno scelto di partecipare».
GLI EVENTI
Ma professionisti a parte, ad aver caratterizzato questa edizione è stata anche la forte presenza giovanile. Proprio i più giovani sono stati i protagonisti dell’evento inaugurale della manifestazione, con le domande da rivolgere alle imprese protagoniste in un confronto libero e aperto.
Nell’anno della tanto attesa riforma del Terzo Settore, sono stati dedicati incontri alla valutazione dell’impatto sociale delle attività realizzate dalle organizzazioni non profit. In particolare, all’adozione di un modello di valutazione e calcolo dell’impatto sociale gestibile da non profit e imprese sociali.
Grande attenzione è stata poi riservata all’innovazione per la sostenibilità, «quel grande paradigma che afferma che le imprese possono e devono fare ricorso a idee esterne, così come a quelle interne, per aggredire i grandi cambiamenti di scenario ambientale e sociale, economico e competitivo, del nostro tempo». La stessa innovazione che oggi diventa, sempre in misura maggiore, strumento per rigenerare le città, i territori e le periferie urbane, promuovendo azioni concrete e nuove politiche di inclusione. E non solo. Perché, complici da un lato Expo 2015 e dall’altro l’approvazione della legge antispreco al Senato, tra i temi di maggiore interesse ci sono quelli legati alcibo e alla tracciabilità delle materie prime, strumento tra i più efficaci per garantire la qualità dei prodotti e contrastare i fenomeni di caporalato e sfruttamento del lavoro.
Poi, il rapporto tra imprese e territorio, l’impegno profuso per cercare di prendersi cura di persone, ambienti e comunità, per sottolineare il radicamento al contesto socio-economico locale. Per molte aziende responsabili le relazioni con la comunità sono sempre più importanti per cercare di valorizzare le interazioni tra impresa, attore pubblico locale e società civile. Un obiettivo chiaro anche a quelle aziende che stanno promuovendo numerosi progetti di volontariato d’impresa come strumenti di engagement utili a far conoscere le realtà che operano nel terzo settore e sensibilizzare i giovani.
Da più voci e da più iniziative è emerso che le aziende responsabili possono assumere oggi un ruolo di agenti di cambiamento anche nell’ambito dei progetti di cooperazione internazionale, come quelli che riguardano il contrasto alle mutilazioni genitali femminili, o per la realizzazione dell’Agenda 2030 e i Sustainability Goals.
IMPRESE E CARCERI: OLTRE LA SOLIDARIETA’
E poi ci sono le università. Come la Bocconi che, nel corso della prima giornata, ha presentato un proprio progetto rivolto ai detenuti. Da questo settembre 3 di loro, dopo aver superato l’esame di ammissione, seguiranno dal carcere di Opera i corsi universitari guidati dai docenti dello stesso Ateneo.
«E’ un progetto sperimentale in cui crediamo molto – ha spiegato il professore Salvio Vicari – perché riteniamo che per i detenuti riuscire a superare esami impegnativi come i nostri rappresenti uno stimolo importante, così come stimolante diventa il lavoro dei docenti che avranno la possibilità di riscoprire il loro ruolo».
La Bocconi ha portato avanti una ricerca, presentata dai professori Francesco Perrini e Filippo Giordano (Università Lumsa) che dimostra che l’istruzione ha un impatto importante sulla vita dei detenuti, perché aumenta le probabilità di trovare occupazione dopo la detenzione e perché incide sul tasso di recidiva. Con grande vantaggio di tutta la comunità. I dati sono stati commentati anche da Giacinto Siciliano, direttore del carcere di Opera, diventato negli anni un vero e proprio laboratorio di sperimentazione di un nuovo modello di organizzazione penitenziaria.
«Per cambiare realmente occorre mettere le gambe alle idee per fare in modo che stiano in piedi da sole. E’ quello che abbiamo fatto ad Opera, nato come istituto “cattivo” e diventato un modello diverso. Ci siamo riusciti elaborando un metodo, costruendo qualcosa che contrastasse la paura, lavorando sulle persone e sul gruppo che da noi sono diventati strumenti di responsabilità. In questo progetto ognuno è stato protagonista di un pezzo che oggi può riconoscere come suo, come in un grande puzzle in cui ognuno ha inserito una tessera per completare il quadro. Se ci siamo riusciti noi, può riuscirci chiunque».
LA RICERCA DOXA
Come l’esperimento della Bocconi dimostra, ai fini delle progettualità è necessaria la ricerca scientifica. “Gli italiani e il cambiamento, tra coesione e competitività” è il titolo della ricerca di Doxa Marketing Advice, presentata nel corso della seconda giornata, strumento utile per inquadrare il contesto nazionale in cui gli operatori della sostenibilità e dell’innovazione si muovono.
«Sul piano razionale gli italiani sono consapevoli di quanto i tre concetti presentino luci e ombre, ma con differenti accenti». A spiegarlo è Massimo Sumberesi di Doxa.
Secondo i risultati registrati, gli italiani considerano al 92% il cambiamentocome un’opportunità e non temono le responsabilità perché convinti che sia importante impegnarsi in prima persona. La condizione però è che vogliono vederci chiaro: per il 59% di loro spesso infatti si tratta solo di propaganda. Per il 90% degli intervistati la coesione rappresenta un valore (aiuto reciproco 90%, piacere dell’appartenenza 84%), la sua pratica una garanzia di forza e giustizia. Ma l’individualismo e lo scetticismo si fanno sempre sentire. Lacompetitività presenta due facce, ma se esercitata correttamente diventa una risorsa per incentivare la crescita di tutti. Il 77% la considera come il motore dello sviluppo economico e sociale.
Insieme, i tre elementi rappresentato i driver per una responsabilità sociale d’impresa credibile. Secondo la ricerca, l’88% degli italiani ritiene che il cambiamento sia un concetto coerente con le politiche e le pratiche della csr, come anche la coesione (80%) e la competitività (77%).
«STRADA GIUSTA, ADESSO SI INVESTA IN COMUNICAZIONE»
Rossella Sobrero è ottimista rispetto all’evoluzione della Csr in Italia:
«Trovo che negli ultimi due anni ci sia stata una veloce acquisizione dei principi di sostenibilità, il percorso è già a buon punto. Teniamo in considerazione che ci sono ancora un gran numero di piccole e medie imprese che fanno quella che non definiamo “csr inconscia”, ovvero strategie e iniziative di responsabilità sociale senza sapere di cosa si tratta, che soprattutto non vengono comunicate».
La comunicazione dunque è ancora uno degli aspetti su cui maggiormente si dovrà investire e intervenire nei prossimi anni.
Tra gli aspetti di maggiore rilievo approfonditi nel corso della manifestazione, secondo Sobreso, è «la necessità di far rete sui territori, perché se un’impresa svolge una serie di attività ma intorno le altre imprese non le adottano finisce che quel valore più di tanto non emerge. Una sorta di modello di responsabilità sociale territoriale può segnare una netta differenza anche sulla competitività del territorio stesso».
Di certo è che le imprese sono sempre più attente ad ascoltare i loro stakeholder, esterni e interni, muovendosi verso la open innovation come strumento organizzativo e culturale. «Hanno capito che la reputazione è sempre più un asset intengibile importante che permette di aumentare la fiducia degli investitori portando ad una riduzione dei costi di controllo e negoziazione».
E sembra che la linea della prossima edizione del Salone della Csr e dell’Innovazione Sociale sia già in qualche misura tracciata.
Fonte: Corriere Sociale