Direttiva appalti e Direttiva concessioni

  • Scritto da Redazione
  • - 21/01/2014

I due atti approvati il 15 gennaio scorso dal Parlamento Europeo - la "direttiva appalti " e la "direttiva concessioni " costituiscono, sia per gli aspetti pratici che per quelli culturali, un passaggio di estrema rilevanza. Anche se un esame più attento dei contenuti richiederà qualche giorno, è possibile iniziare a mettere in evidenza gli aspetti di maggior rilievo.

  • Le clausole sociali – la considerazione quindi degli aspetti sociali ed ambientali – da elementi residuali e quasi clandestini, diventano uno degli aspetti cardine degli affidamenti e delle concessioni delle pubbliche amministrazioni. Basta una veloce lettura dei documenti, una ricerca del termine “sociali” per constatare come mentre pochi anni fa sembrava discutibile l’introduzione di clausole sociali negli affidamenti, quasi una distrazione rispetto al motivo principale dell’affidamento, ora al contrario si affermano come principio trasversale alle procedure; È una grandissima innovazione sociale europea; come italiani (e come cooperatori italiani), un pizzico di orgoglio possiamo avercelo, avendole inventate oltre vent’anni fa con la 381/1991.
  • Vi è un riconoscimento, come direbbe Beppe Guerini, che accanto al principio di mercato ci sono altri elementi che a pari livello concorrono a dare forma agli ordinamenti. Il riconoscimento di specificità degli affidamenti nell’ambito dei servizi sociali ove sono possibili competizioni riservate alle organizzazioni non profit, il riconoscimento che vi sono settori in cui il beneficio pubblico non è conseguito attraverso l’esposizione alla concorrenza internazionale. Anche l’innalzamento delle soglie comunitarie (art. 4 della direttiva appalti prevede 750 mila euro come soglia per i servizi sociali) al di sotto delle quali si riconosce come lo Stato membro possa autonomamente meglio normare l’affidamento sono coerenti con questa affermazione.
  • Vi è una nuova attenzione sul tema delle concessioni di servizi pubblici, prima non presente nella disciplina europea e cui ora viene dedicata un’apposita direttiva, che evidenzia la ricerca di modalità di rapporto tra pubblica amministrazione e imprese meno ispirato alla ricerca di convenienza contingente e più al partenariato di medio periodo.
  • Passando agli aspetti pratici, l’articolo 20 della direttiva appalti e l’articolo 24 della direttiva concessioni , ripropongono in termini finalmente generalizzabili ai diversi ordinamenti europei gli appalti riservati oggi (male) inquadrati all'art. 52 del 163/2006 . Due le conseguenze: la prima è che, tolta la possibilità di applicazione all'esclusiva (e per noi inesistente) fattispecie del laboratorio protetto diventerà finalmente applicabile in modo non contorto l’istituto dell’appalto riservato senza limiti di soglia, che sino ad ora aveva potuto avere solo applicazioni minime. La seconda è che l’inserimento di questa previsione anche nella direttiva concessioni dovrebbe fare piazza pulita dei dubbi che talune sentenze hanno generato circa l’applicabilità degli affidamenti ex articolo 4 della 381/1991 ai servizi pubblici locali. Diventa più facile pensare di stipulare – senza eccezioni e contestazioni - una convenzione per l’inserimento lavorativo nell’ambito dell’affidamento di un bene artistico o naturalistico ad una cooperativa sociale.
  • E infine, come si diceva, diventa possibile riservare ad organizzazioni 1) non profit 2) finalizzate ad un interesse pubblico e 3) strutturate in modo da consentire la partecipazione allargata di lavoratori e/o utenti affidamenti nell’ambito dei servizi sociali (art. 77 della direttiva appalti). Accanto agli aspetti pratici, questa affermazione è di grande rilievo perché riconosce come elementi profondamente radicati nella nostra identità costituiscano un aspetto significativo anche nel momento di individuazione del soggetto con cui la pubblica amministrazione sceglie di rapportarsi.

Il percorso di queste direttive prevede ora una ratifica da parte del Consiglio d’Europa (febbraio 2014), quindi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (45 giorni successivi) e poi due anni di tempo per i Paesi membri per adeguare in tal senso le proprie normative. Starà a tutti noi fare in modo che questo avvenga quanto prima.

Grazie a Emilio Emmolo che ha contribuito con materiali e consigli alla redazione di questo pezzo. E soprattutto grazie al presidente Beppe Guerini, a Enzo De Bernardo, Emilio Emmolo e Valerio Pellirossi perché se si è arrivati a tutto ciò è merito anche loro.